lunedì 11 luglio 2011

Dalla “Chiazza cuperta” al Water front

Che Lecce sia diventata sempre più una città turistica è fuor di dubbio. E che questo continuo, anzi crescente flusso di visitatori soprattutto stranieri stia pian piano modificando anche il linguaggio dei leccesi sembra essere un altro dato di fatto. Sennò non si spiegherebbe il fatto che, nel giro di appena una settimana, gli attuali amministratori di Palazzo Carafa siano stati in grado di inaugurare nell’ordine: 1) il “Travel shops”, bagni pubblici-privati a due passi da piazza Duomo; 2) il “City terminal”, fermata dei bus all’ingresso della città per chi arriva da Brindisi; 3) il “Water front”, lungomare di San Cataldo.
Inglesismi che, nella città della “Chiazza cuperta”, che fu di Oronzo Massari e di don Ciccio Corvaglia, nessuno si sarebbe neppure lontanamente sognato di affibbiare. Per la verità, ci aveva già pensato Adriana Poli Bortone, da sindaco, a fare di Lecce la “Porta d’Europa”. Ma Paolo Perrone, alle elezioni del 2007, volle spingersi addirittura oltre, coniando lo slogan “Lecce, città del Mondo”. E così ci piace immaginare che, da qui a poco, in piazza Sant’Oronzo la voce di Tito Schipa possa riecheggiare per segnalare, oltre che lo scoccare di mezzogiorno, pure l’appuntamento quotidiano con pasticciotto e tè delle cinque del pomeriggio. E che sul lungomare (sorry, Water Front) di San Cataldo una coppia di anziani villeggianti leccesi possa continuare a fare la classica “camenata”, gustando un gelato. Ovviamente, cioccolato e zuppa inglese.

sabato 2 luglio 2011

La banda del buco finanziario

Forse saranno stati troppo presi dal «buco». Quello finanziario, per carità, non di altro tipo. Ma, vera o inventata che sia (a seconda delle appartenenze politiche), la storia dei 7 milioni di euro mancanti nel Bilancio della Provincia di Lecce ha distratto parecchio, da un paio di settimane a questa parte, gli inquilini di Palazzo dei Celestini. Tant’è che in pochi, appena in quattro su una cinquantina (la senatrice Adriana Poli Bortone, il presidente Antonio Gabellone, il capogruppo del Pdl Biagio Ciardo e il consigliere dell’Udc Mario Pendinelli) si sono ricordati di effettuare il test antidroga.

Ora è meglio chiarire subito un punto. Che un politico si faccia o meno di una qualche sostanza stupefacente probabilmente interessa a pochi. E se uno si dovesse basare su quanto spesso sente dire e vede fare a più di qualche rappresentante del popolo, risulterebbe pure complicato notare la differenza. Ma qui la questione è un’altra. Il via libera a quei controlli è stato deciso, quasi all’unanimità (25 sì e una sola astensione) nel pieno di una seduta del Consiglio provinciale. Tutti concordi, maggioranza e opposizione, nel dire: «Certo, è giusto farli. Che diamine! Siamo contro ogni forma di tossicodipendenza». Chiusa la seduta, poi, chi s’è visto, s’è visto. L’ennesima conferma, quindi, di come alle parole, pronunciate con solennità nei luoghi sacri della politica, il più delle volte non seguano i fatti. L’esito dei test antidroga almeno avrebbe aiutato a capire: ma “fatti” de che?