venerdì 13 maggio 2011

Big da lezioncina

Li chiamano big, ma somigliano più a studentelli. Me li vedo, nel tragitto in auto dall’aeroporto di Brindisi all’arrivo a Lecce, intenti ad imparare a memoria la lezioncina impartita dai loro referenti locali. «Ministro Alfano, allora, la portiamo a Nardò dove siamo reduci dalla crisi amministrativa della giunta di centrosinistra. Lì, quindi, lei dovrà dire che auspichiamo il cambiamento…». Oppure sul fronte opposto: «Onorevole Marini, andiamo a Trepuzzi dove i nostri governano da sempre. E lei farà un comizio per la continuità…».

Qualche volta, però, i big della politica nazionale me li immagino in preda ad una sorta di travaglio politico interiore. Magari arrivano in un comune, sino a quel momento amministrato dagli avversari. E, pur ammirando vie, piazze, edifici pubblici, tenuti a meraviglia, dal palco sono costretti ad infiammare la folla: «Basta! Così non si può andare avanti: è ora di cambiare». Poi approdano in un paese, guidato da un sindaco uscente amico, con buche e rifiuti per strada e devono sostenere: «Qui si vive bene grazie all’impegno dei nostri bravi rappresentanti in municipio». Ti verrebbe voglia di mandarli un po’ in crisi e, in conferenze stampa convocate prima o nel corso del tour elettorale nel Salento, chiedere conto delle cattive gestioni amministrative dei loro a livello locale. Risposte che difficilmente si ottengono perché esulano dalla lezioncina memorizzata poco prima. E va a finire che, come consentono quei professori buoni davanti agli studenti un po’ svogliati, coi giornalisti si finisce sempre a parlare dell’argomento a piacere: pro o contro il governo Berlusconi, a seconda delle appartenenze. E tanto basta. O ce lo facciamo bastare.